Poliaspartato di potassio

Nozioni preliminari

Il poliaspartato di potassio è uno degli ultimi ritrovati in fatto di Stabilizzazione tartarica ed è classificato come un polimero dell’acido aspartico, che in piccola parte è presente naturalmente nelle uve.

Il suo meccanismo d’azione è similare a quello della carbossimetilcellulosa (CMC) ovvero inibisce la crescita e quindi la precipitazione dei microcristalli di bitartrato di potassio.

L’aspetto che è più interessante e lo distingue dagli altri coadiuvanti di stabilizzazione è che sostituisce in toto il trattamento a freddo (o l’elettrodialisi) nei vini e quindi da una tecnica sottrattiva si passa ad una tecnica additiva, fatto che garantisce al vino una maggiore ricchezza. Viene garantita anche una stabilità negli anni che non è possibile raggiungere con l’acido metatartarico.

Essendo una tecnologia sviluppata di recente manca una prova nel lungo periodo, ma test di laboratorio danno risultati veramente positivi, rendendo il poliaspartato di potassio una delle novità più interessanti da parecchi anni ad oggi.

Caratteristiche

Il poliaspartato di potassio viene solitamente commercializzato in forma liquida e spesso è in soluzione con altri coadiuvanti di stabilizzazione del colore o per arricchire la struttura, quali la gomma arabica, mannoproteine o cmc.

Bisogna prestare particolare attenzione alla possibile reazione del poliaspartato di potassio con sostanze coloranti nei rossi o proteiche nei bianchi, quindi l’ideale è l’aggiunta in pre-imbottigliamento prima della microfiltrazione finale.

Dosi d’impiego

La dose d’impiego consigliata, che è anche il limite di legge, è di 10 g/hl; bisogna considerare che a seconda del produttore la percentuale di composizione del prodotto può variare.

L’aggiunta va fatta su vino finito e filtrato, avendo cura di omogeneizzare bene la massa.